ANATOCISMO: le novità apportate dalla delibera CICR 343/2016

Delibera CICR 343/2016: le novità in materia di anatocismo

Anatocismo: con il termine anatocismo, di derivazione ellenica, dal greco “ἀνατοκισμός anatokismós”, composto di “ανα”- «sopra, di nuovo» e τοκισμός «usura», s’intende la generazione di interessi su interessi, ovvero una capitalizzazione degli interessi scaduti in precedenza. In passato accadeva sovente che le banche inserissero un’apposita clausola contrattuale con la quale gli interessi debitori, ad esempio quelli sullo scoperto di conto corrente, venivano capitalizzati su base trimestrale, mentre quelli creditori, ad esempio quelli derivanti dal deposito di danaro sul conto corrente da parte del correntista, su base annuale.

Tale clausola è stata ritenuta nulla dalla suprema Corte di Cassazione di Roma nel 1999, in ragion del fatto che contrastasse con il termine minimo di capitalizzazione fissato nell’ordine dei sei mesi.

La normativa attualmente vigente impone che sia per gli interessi debitori che per quelli creditori si debba seguire la medesima periodicità, comunque non inferiore ad un anno.

Il fenomeno dell’anatocismo trova la sua disciplina, indistintamente per le banche e per gli intermediari finanziari, nell’art.1283 c.c., il quale sancisce che: “In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.”

Dunque, ai sensi dell’art.1283 c.c., il fenomeno dell’anatocismo è vietato, fatta salva l’ipotesi in cui tale produzione di interessi su interessi tragga le proprie giustificazioni in un accordo tra le parti.

Recentemente la disciplina dell’anatocismo ha subito un’importante novellazione. Difatti, la legge 8 aprile 2016 n.49 ha revisionato il testo dell’art.120 del TUB.

 

Art.120, comma 2 del TUB (ante riforma)Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria prevedendo in ogni caso che:a)       Nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori;b)      Gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale. Art.120, comma 2 del TUB (post riforma)Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:a)        Nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti; b)      Gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido: 1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili; 2)il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo.

 

Risulta evidente, anche limitandosi ad una disamina del solo incipit, come il legislatore abbia inteso innanzitutto ribadire la delega al CICR per la definizione delle modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria.

Aderendo a tale delega, nelle vesti di presidente del CICR, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha varato il decreto n.343/2016.

 

Passando ad analizzare concretamente quelle che sono state le novità introdotte o, le modifiche espletate sul testo previgente, si può osservare:

  • Introduzione di un riferimento temporale: alla lettera a) dell’art.120, co.2 del TUB viene ribadito che la conteggio degli interessi, siano essi creditori o debitori, debba essere effettuata con la stessa periodicità. Tuttavia, il nuovo testo di legge prevede innanzitutto che tale contabilizzazione non possa realizzarsi se non quantomeno su base annuale. Inoltre, è stato introdotto un riferimento temporale per tale contabilizzazione, la quale deve realizzarsi al 31 dicembre di ogni anno;
  • Oggettivizzazione del campo d’applicazione del divieto di anatocismo: la novellata versione dell’art.120, comma 2, lett. B) del d.lgs 395/1993 appare più chiara rispetto alla previgente.

La precedente versione difatti stabilendo che “gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale” destava non poche perplessità.

L’assetto attuale appare invece circoscrivere l’ambito d’applicazione oggettivo del divieto d’anatocismo ai soli interessi debitori, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, che dovranno essere calcolati esclusivamente sulla sorte capitale, non potendo produrre interessi ulteriori, fatta eccezione per quelli moratori.

Si può asserire dunque che tale divieto riscontri applicazione in tutte le fattispecie di raccolta di risparmio e di esercizio del credito poste in essere con la clientela e dettagliatamente disciplinate ai sensi del titolo sesto del TUB,

  • Interessi di mora: la norma è stata altresì novellata introducendo una circostanza d’eccezione. In particolare si è fatta salva la produzione di interessi di mora rispetto al divieto di produzione di interessi corrispettivi sugli interessi debitori maturati. Resta difatti ferma, per quanto afferisce agli interessi di mora, l’applicabilità della mera disposizione civilistica di cui all’art.1224 c.c.

E’ lo stesso art.120, co.2, lett. b) a rendere esplicito come il campo d’applicazione sia quello degli interessi corrispettivi, esimendo in tal modo, da qualsivoglia applicabilità, la fattispecie degli interessi moratori.

  • Aperture di credito in conto corrente ed in conto pagamento e gli sconfinamenti – diversità di regime per gli interessi maturativi: in relazione agli interessi maturati per le aperture di credito regolate in conto corrente od in conto pagamento, ed in relazione agli sconfinamenti anche in assenza di affidamento, ovvero oltre il limite del fido, il nuovo testo dell’art.120, co.2. d.lgs del d.lgs 385/1993 propone una disciplina peculiare.

A tal proposito rileva quanto sancito dall’art.4 della delibera del CICR. In particolare esso afferma che debba tenersi conto delle aperture di credito regolate in conto corrente rotative, in ragione delle quali il cliente abbia facoltà di utilizzare e di ripristinare la disponibilità dell’affidamento medesimo ed a quelle in conto pagamento.

Si noti altresì che devono essere considerate rientranti nell’ambito di quest’ultima fattispecie anche le aperture di credito bancario ex. Art. 1842 c.c. la cui disponibilità sul conto sia il risultato di operazioni di anticipo su documenti o crediti.

E’ da questa precisazione della delibera del CICR che si può muovere la considerazione che si debba far rientrare nell’ambito applicativo del nuovo art.120 anche le operazioni di anticipo su fatture o di anticipazione SBF, qualora la medesime siano appunto aderenti allo schema dell’apertura di credito rotativa.

Quanto agli sconfinamenti, la delibera CICR precisa che debbano essere ritenuti tali sia quelli sui contratti di conto corrente, sia in presenza di un sconfinamento extrafido, che in assenza di un’apertura di credito.

Tutto ciò premesso, la peculiarità normativa risiede nel fatto che gli interessi debitori maturati vengano contabilizzati distintamente rispetto al capitale.

Sostanzialmente si viene a generare una netta discrepanza tra il capitale (il quale produrrà ancora interessi come contrattualmente predisposto) e gli interessi, i quali invece non rappresenteranno alcuna base per la produzione di ulteriori interessi.

Lapalissianamente dovrà essere assicurata l’esplicitazione di questa linea di demarcazione.

  • Quanto all’esigibilità degli interessi: si è stabilito che gli interessi debitori siano oggetto di conteggio al 31/12 di ciascun anno e che divengano esigibili in via automatica al 1° marzo dell’anno successivo a quello di maturazione, nonché al momento della definitiva chiusura del rapporto.

La svolta, la novellazione risiede proprio in questo. La banca difatti non potrà né richiedere, né addebitare immediatamente sul conto del cliente, l’importo del debito da interessi.

Viene previsto, al contrario, un termine legale per l’esigibilità degli interessi debitori, fissato al primo di marzo dell’anno seguente a quello di maturazione.

Questo costituisce palesemente un termine a favore del cliente.

Ciononostante è richiesto che al cliente sia riconosciuto un periodo minimo di trenta giorni dall’effettiva venuta a conoscenza dell’entità di tali interessi.

Per quanto concerne l’ipotesi patologica di mancato adempimento dell’obbligazione è da considerarsi legittima l’applicazione degli interessi di mora, quale risarcimento del danno a fronte di inadempimento ex art.1218 c.c.

E’ un’ipotesi questa di “mora ex re”, ovvero automaticamente operativa, senza che si renda necessaria la costituzione in mora da parte del creditore.

A porre tale automatismo è lo stesso codice civile, al suo art.1219, co.2, punto 3), ove è sancito che, tra gli altri casi, non sia necessaria la costituzione in mora del debitore “quando è scaduto il termine, se la prestazione dev’essere eseguita al domicilio del creditore”.

Ciò posto, non si può che ricondurre l’attenzione al disposto di cui all’art.1182, co.3, c.c.: “L’obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza.”

E’ proprio dal combinato disposto di queste due ultime disposizioni civilistiche esaminate che si ravvisa l’automaticità della produzione degli interessi di mora, prescindendo dall’intenzionale costituzione in mora da parte del creditore.

In inosservanza, pertanto, del terzo comma dell’art.1182 c.c., scattano gli interessi moratori ex art.1224 c.c., il quale, rimembriamo, sancisce che: “Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura.
Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori
.”

Appare tuttavia palese come si possano ravvisare avvisaglie di violazione del divieto di anatocismo di cui all’art.1283 c.c.

E’ da tener tuttavia presente che il nuovo comma 2 dell’art.120 del TUB, introduca deroga espressa a tal divieto in ambito bancario, per quanto afferisce agli interessi debitori, più precisamente esimendo gli interessi di mora dall’applicazione della regola generale in ragione della quale gli interessi debitori non possono produrre ulteriori interessi.

 

Ricollocando l’attenzione all’esigibilità degli interessi è da tener presente che nella sola ipotesi di conclusione definitiva del rapporto sia previsto un regime d’immediata esigibilità degli interessi.

In questa fattispecie il saldo concernente il capitale può generare interessi contrattuali con il solo limite già visto del divieto di produzione di ulteriori interessi sulla base di interessi già maturati.

  • Corresponsione degli interessi esigibili ed autorizzazione dell’addebito: nella lettera dell’art.120, co.2, lett. b), num.2 è rinvenibile la disposizione in forza della quale “il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili.”

E’ inoltre fatta apposita previsione che in tal fattispecie la somma addebitata venga computata ad incremento di capitale.”

Questa previsione, logicamente, appare tradursi nella possibilità, da parte delle banche naturalmente, di inserire un’apposita clausola autorizzativa.

Ciò posto, occorre chiedersi cosa accada ai contratti pendenti.

La delibera del CICR, al suo art.5, co.2 ha inteso escludere la possibilità d’applicazione dell’art.118 dello stesso TUB, in materia di modifica delle condizioni di contratto unilaterale, imponendo la previsione di un’apposita clausola autorizzativa all’addebito.

Quanto a quest’ultima, si richiede che venga apposta in forma scritta, ab substantiam, coordinatamente con il disposto di cui all’art.117, co.3, del TUB.

Inoltre, sempre allo scopo della maggior tutela del cliente, è stata introdotta un’aggiuntiva previsione in ragione della quale tale autorizzazione si ritiene revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia luogo.

Ulteriore precisazione va espletata in relazione ai conti cointestati, si ritiene che, nel caso di conto corrente a firme disgiunte, possa essere anche solo uno dei cointestatari a firmare il rilascio dell’autorizzazione.

Questa possibilità è resa in ragion del fatto che l’autorizzazione all’addebito sia qualificabile alla stregua di un mero ordine di pagamento di un debito con modalità diversa dal pagamento per cassa e, pertanto, possa essere considerata al pari degli strumenti di pagamento collegati al conto corrente.  Ad esempio un bonifico disposto per pagare il debito da interessi.

  • Imputazione dei pagamenti: l’art.2 della delibera CICR impone, peraltro, che l’imputazione dei pagamenti si realizzi in adesione al disposto dell’art.1194 c.c., ai sensi del quale “Il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che alle spese, senza il consenso del creditore. Il pagamento fatto in conto capitale ed in conto interessi deve essere imputato prima agli interessi.”

Principio civilistico premesso, l’art.4, co.6, della delibera CICR, rammentiamo D.M. 343/2016, concede la possibilità di convenire nel contratto che, a decorrere dal momento in cui gli interessi risultino esigibili, i fondi accreditati sul conto dell’intermediario e destinati ad affluire sul conto del cliente sul quale è regolato il finanziamento, vengano utilizzati per estinguere il debito da interessi.

Inoltre, è sempre mantenuto possibile estinguere il debito da interessi impiegando fondi che siano già nella disponibilità del debitore.

Nulla quaestio in relazione all’applicabilità della compensazione ex art.1243 c.c., in quanto regola di carattere generale, non derogata dall’art.120, co.2, del TUB.

  • Adeguamento contrattuale: all’art.5, co.2 del DM è fatta apposita previsione dell’introduzione di clausole conformi a quanto dallo stesso art.5 disposto e dall’art.120, co.2 del TUB, mediante i meccanismi di cui agli artt. 118 e 126 sexies del TUB, specificando che tale adeguamento costituisca giustificato motivo.

In ogni caso, in conformità con quanto disposto dall’art.117, co.1, del TUB, è richiesto il consenso espresso del cliente sulla clausola con qui quest’ultimo autorizza l’intermediario ad addebitare gli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili.

A cura di Michele Loizzo e Stefano Vito Pantaleo

ESCLUSA L’ESTENSIONE TEMPORALE DELLA POLIZZA CONCESSA A TITOLO DI GARANZIA – RIMBORSO IVA

La Cassazione: la polizza fideiussoria ha natura di un contratto autonomo di garanzia

L’art.30, co.2 del d.p.r. 633/72 riconosce al contribuente che vanti un credito IVA la possibilità di chiedere il rimborso dello stesso nei casi di cui ai commi 3 e 4 dello stesso articolo e comunque in caso di cessazione di attività.

In particolare, il contribuente ha il diritto di richiederne il rimborso all’atto di presentazione della dichiarazione.

L’art.38 bis, co.4 dello stesso decreto, “Esecuzione dei rimborsi”, precisa che debbano essere eseguiti previa presentazione della garanzia di cui al comma 5 i rimborsi di ammontare superiori a 15.000 euro quando richiesti da soggetti di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 4, soggetti che l’Agenzia delle entrate ritiene soggetti a rischio.

L’art.38 bis, co.5 dello stesso decreto sancisce che: “La garanzia di cui al comma 4 è prestata per una durata pari a tre anni dall’esecuzione del rimborso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell’accertamento, sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, ovvero di fideiussione rilasciata da una banca o da una impresa commerciale che a giudizio dell’Amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità ovvero di polizza fideiussoria rilasciata da un’impresa di assicurazione…”

Tutto ciò premesso, la Corte di Cassazione, con la sua recentissima sentenza n°7884 dello scorso 28/03/2017, ha condotto una puntualizzazione imprescindibile per la realizzazione di un’armoniosa dialettica contribuente-amministrazione.

In particolare, la suprema Corte di Roma ha stabilito che ove si stipuli una polizza fideiussoria, in favore dell’Amministrazione finanziaria, per ottenere il rimborso dei crediti IVA nei casi precedentemente previsti dall’art.30 d.p.r. 633/72, in combinato disposto con l’art.38 bis dello stesso d.p.r., questa costituisca un contratto autonomo di garanzia.

Da quest’ultima esplicitazione, secondo la Corte, deriva il fatto che, sebbene la durata della stessa sia normalmente correlata ai tempi ordinari dell’accertamento, ove questi ultimi dovessero essere prorogati da una norma sopravvenuta, o dal riscontro di avvisaglie di reato, che ricordiamo recano il raddoppio dei termini (ai sensi dell’art. 43 del d.p.r. 600/73 per le imposte dirette ed ai sensi dell’art.57 del d.p.r. 633/72 per le imposte indirette), tale proroga non esplicherà i suoi effetti anche sulla polizza.

La Corte ha dunque ritenuto che la polizza fideiussoria di garanzia dei rimborsi IVA trovi pur sempre il suo fondamento giuridico su di un contratto, e pertanto in un atto di privata autonomia. Da ciò deriva, dunque, che, al netto dell’apposizione di clausole che prevedano l’estensione della durata della garanzia ad eventuali proroghe dei termini per l’accertamento, la garanzia medesima non ecceda, in termini di durata, la scadenza fissata nel limite dell’accertamento ordinario, o quella contrattualmente stabilita dalle parti.

Concludendo, non risponderebbe tantomeno alle esigenze di certezza del diritto un’obbligazione di garanzia che non si imperni sulla durata ordinaria dell’accertamento, o che comunque esuli da qualsivoglia termine temporale.

A cura di Stefano Vito Pantaleo